altare del sacro cuore di gesù

Sino agli inizi degli anni Ottanta esistevano solo gli altari, quello a sinistra dedicato al Sacro Cuore di Gesù e quello a destra dedicato a San Giuseppe (quest'ultimo smontato e conservato). Ambedue facevano da sfondo alle navate laterali che finivano all'altezza dei gradini del presbiterio. Dopo la sistemazione ultima e con la costruzione delle due cappelle, si ha l'assetto definitivo con il quale il Tempio appare a croce latina.

Nella cappella a sinistra si può ammirare l'altare del Sacro Cuore di Gesù, pregevole opera del Maestro Augusto Ambrosini su disegno dell'architetto Napoleone Pagliarulo.

L'ultima cena scolpita sul palliotto e il ciborio dalle agili colonnine costituiscono un assieme armonico e solenne.

Sull'altare, in una bella e slanciata nicchia, sovrasta il Sacro Cuore di Gesù dello scultore Augusto Tomagnini.

Quando, immediatamente dopo la fine della Prima Guerra mondiale, il geometra Vincenzo Gatto e la sua gentile consorte decisero di offrire al Santuario l'altare dedicato al Sacro Cuore, fu dato incarico all'architetto parabitano Pagliarulo, al fine di scegliere un artista per il Gesù da collocare sull'altare. La scelta cadde, su designazione del celebre scultore Antonio Bortone, gloria e vanto del Salento, sul professore Augusto Tomagnini, allievo del Bortone fin dal 1896 e già all'epoca conosciuto ed apprezzato per i numerosi successi riportati in Italia e all'estero.

Il Gesù che Tomagnini scolpì per la Basilica può, a ragione, ritenersi uno dei più preziosi gioielli che circondano l'inestimabile tesoro di arte e bellezza che Parabita ha il vanto di possedere.

Nella scultura si rivela un'armania perfetta.

Il bell'ovale del volto dai lineamenti regolari e nobili, le ricche anella della capigliatura ricadenti sulle spalle, la fronte alta, formano una testa maestosa dall'espressione serena, la cui dignità è accresciuta dalle vesti che scendono ai piedi.

Tutta la composizione è dominata da quell'effetto di grandezza e maestosità che ci da l'immagine dell'Uomo - Dio. Merito notevole dell'artista è stato quello di aver saputo perfettamente intonare la figura del Salvatore all'ambiente cui era destinato. Infatti, in essa, escludendo ogni stimbolismo caratteristico dell'arte cristiana primitiva, che voleva rappresentare più una figurazione ideale che reale del Cristo, o l'atteggiamento ieratico dell'arte bizantina, oppure quello realistico, concreto, dell'arte moderna, si rileva quasi un accostamento dell'arte romanica e, pertanto, una perfetta aferenza allo stile che, con felice intuizione, venne scelto per la struttura architettonica del Santuario.

Il Pellicano del ciborio e il resto delle decorazioni sono opera di Cesare Marino.

Sulla striscia che separa le decorazioni dal cornicione, a destra e a sinistra, leggiamo queste espressioni:

Discite a me quia mitis sum et humilis corde: et invenietis requiem animarum vestris

(Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime) e:

Deinde dicit Thomae: affer manum tuam,

et mitte in latus meum et non esse incredulus sed fidelis

(Disse poi a Tommaso: metti la tua mano nel mio costato e non essere incredulo, ma credente).

Nella bredella posta nella parte superiore dell'altare a muro sono presenti delle scene scolpite su marmo e ritraenti a sinistra episodi dell'Antico Testamento e, a destra, del Nuovo.