FESTA DELLA TRASLAZIONE DEL MONOLITO

21 novembre

Il 21 novembre 1920, con grande concorso di popolo, il Monolito venne collocato definitivamente nel nuovo Santuario, da poco edificato. Precedentemente, infatti, vi era una piccola cappella che non riusciva a contenere i fedeli che sempre più numerosi accorrevano ai piedi della Vergine per implorare grazie e benedizioni.
Così, si decise di demolire la cappella e di edificare un nuovo edificio sacro. Contestualmente, il Monolito veniva trasferito provvisoriamente nella chiesa matrice del paese.
Una volta terminati i lavori, il Monolito venne portato solennemente in processione e collocato sull'altare maggiore del nuovo Santuario, che da lì a poco (21 dicembre 1920) sarebbe stato dedicato alla Vergine della Coltura.
Questa festa rappresenta, per il popolo parabitano, la riuscita di una delle più grandi opere che la città possa ricordare, dovuta soprattutto al fatto che l'edificazione del Santuario coincideva con la genesi e l'evoluzione della Prima Guerra mondiale.

La festività tutta parabitana è istituita dai Missionari della Consolata (che in quegli anni sono i custodi del santuario), in ricordo del ritorno “a casa” della effige della protettrice di Parabita, avvenuto il 16 maggio del 1920 (vedi “Spigolature Parabitane / 52”). E a “suggerire” ai Padri della Consolata l’istituzione di questa nuova festa fu (anche) la mancanza della pratica delle “Sacre Quarantore” in santaurio. Ed il 18, 19 e 20 novembre, nel triduo di preghiera che precede la celebrazione ufficiale, ai piedi del monolito si raccoglie tutta Parabita, con l’oratoria di don Antonio Mocavero di Monteroni e con l’assistenza delle zelatrici della Compagnia della Coltura.

(In foto: la vecchia cappella, XVII sec.)

Quel 21 novembre 1932 è un piovoso lunedì di metà autunno. Ma il rovescio di pioggia non condiziona la voglia di partecipazione dei parabitani. Già di prima mattina, un’ora prima dell’inizio della celebrazione, il santuario presenta un colpo d’occhio meraviglioso. Poi inizia la liturgia. Accompagnati dall’ “Ecce Sacerdos magnus” e dal “Laudate Dominum” del Perosi eseguiti dalla Schola Cantorum del Santaurio con l’accompagnamento musicale dell’orchestrina diretta dal maestro Romano di Matino, fanno ingresso nella navata centrale della nuova chiesa il vescovo di Otranto mons. Sebastiano Cuccarollo (in rappresentanza del vescovo di Nardò mons. Gaetano Muller, impedito a prendere parte all’evento), i padri della Consolata, il podestà Giuseppe Vinci, il presidente della commissione soprintendente al santuario Carlo Ferrari, e l’arciprete don Gaetano Fagiani.

E' monsignor Fagiani a presiedere la celebrazione, ed ad imprimere con la sua voce possente e profonda il filiale atto di devozione di Parabita per la sua potettrice.

(nella foto: a sinistra, un raro scatto del monolito “ingabbiato” in una cassa di legno per il trasporto in Santuario; a destra: la statua processionale agli inizi del secolo scorso)

Il 21 novembre non è quella dell’effettivo trasferimento del monolito, bensì quella convenzionalmente scelta nel 1932, quando fu istituita per la prima volta la festività tutta parabitana. Il 21 novembre, per i dettami del calendario liturgico, si celebra la Presentazione di Maria al Tempio, ricorrenza giudicata “adeguata” da associare a quella della traslazione dagli istitutori della nuova festa, ovvero i Missionari della Consolata che all’epoca custodivano il santuario.

L’effettivo “ritorno” del monolito della Madonna della Coltura nel sito dove sorgeva la vecchia cappella seicentesca va invece retrodatato di sei mesi. Esiste traccia della data: domenica 16 maggio 1920, festività di San Giovanni neponucemo. La fonte è certa, e viene direttamente da Napoleone Pagliarulo, l’architetto progettista del santuario che in quegli anni teneva un diario delle sua attività giornaliere (diario purtroppo ancora inedito nella sua interezza e che potrebbe rivelare altre verità storiche).

Il 16 maggio 1920, Pagliarulo appuntava l’evento aggiungendo molti particolari. Per esempio l’ora in cui il monolito lasciò la Chiesa Madre (“ore 6 e mezza pomeridiane” ,”trasportato da miei muratori”).

Erano in molti tra i possidenti, i grandi proprietari ed i ricchi signorotti del paese che volevano pregiarsi del “vanto” di aver preso parte attiva nella “traslazione”, ed allora si decise di istituire un’asta. Al maggior offerente, l’onore dell’impresa.

Fu proprio l’architetto Pagliarulo ad aggiudicarsi quella particolare competizione, con un’offerta di 600 lire, superiore a molte altre pervenute. E l’architetto ancora appunta i suoi pensieri: “Ci fu un gran concorso di gente - Tutto il popolo – Bellissima festa di sole e fiori e canti – musica”.

Poi, in quella memoria scritta, la chiosa finale lascia intravedere la commozione e la felicità dell’architetto parabitano, che per la realizzazione del santuario dedicò tutto sé stesso (ed anche risorse finanziarie proprie). Così chiude quella paginetta scritta di suo pugno: “Sono contento d’aver adempiuto in parte alla mia opera”.

L'anno successivo, nel 1921, dopo alcuni anni di interruzione dei festeggiamenti civili per la patrona, sia per la Grande Guerra sia perché il santuario è ancora in costruzione, il sindaco in carica Raffaele Pisanello ripristina la festa patronale. E seppur in una nuova chiesa non ancora ultimata, la statua (in vista della processione serale di quel 9 aprile 1921), ritorna in Santuario “sabato a mezzogiorno”, così come stabilito dal sindaco.

Dall’8 aprile 1912 – data dell’inizio della demolizione della vecchia caduca cappella – al 9 aprile 1921 – data del “ricongiungimento” nel sito originario del monolito e della statua – sono passati nove anni e un giorno. Nove anni e un giorno di attesa per poter venerare insieme nello stesso luogo (il nuovo santuario) le due sacre immagini della Madonna “tutta” parabitana.

DANIELE GRECO, Spigolature parabitane, Parabita, 2020.