Vincenzo Ferreri: l'angelo dell'Apocalisse

Nato a Valencia intorno al 1350, Vincenzo si trovò a vivere al tempo del grande scisma d'Occidente, quando i papi erano 2 e poi addirittura 3. E, suo malgrado, egli si trova al centro della divisione che minaccia il vertice della Chiesa. Ancora giovane domenicano, era stato notato da Pietro de Luna, legato del papa avignonese. Seguendo da vicino il cardinale, si rese però conto che la Chiesa aveva più che mai bisogno del ripristino dell'unità e della riforma morale. Incominciò allora la sua attività di predicazione. Nel 1394 il suo protettore, il cardinale de Luna, divenuto papa con il nome di Benedetto XIII, lo nomina suo confessore, cappellano domestico, penitenziere apostolico. Egli intensifica la sua attività ma nel 1398 si ammala e ha una visione nella quale gli appare il Salvatore accompagnato da san Domenico e san Francesco. Il Signore tocca la guancia del malato e gli ordina di mettersi in viaggio e conquistare molte anime. Vincenzo lascia allora Avignone ed intraprende vere e proprie campagne di predicazione in Spagna, Svizzera e Francia, in cui parla dell'Anticristo e del giudizio finale. Contribuisce così in modo decisivo alla fine dello scisma e al miglioramento dei costumi. Morì a Vannes nel 1419.

Le opere

Nonostante la sua propensione alla parola viva, Vincenzo lasciò anche alcuni scritti di notevole importanza. Schemi e sintesi del suo insegnamento filosofico sono il De suppositionibus terminorum (noto anche come Trattato delle supposizioni dialettiche) ed il De unitate universalis (Sull’unità dell’universale), laddove la prima rivela la sua sensibilità verso le istanze del nominalismo di Occam (che aveva fatto adepti anche fra i pensatori domenicani), la seconda verso la metafisica di S. Tommaso. Quasi nulla ci è pervenuto della sua polemica con l’inquisitore domenicano Nicola Eymerich, che lo criticava per la sua dottrina della presenza trinitaria (e non solo del Cristo) nell’eucarestia. Mentre ci è pervenuto l’interessante il Tractatus de moderno Ecclesiae Schismate, in cui partendo dalla relazione fattagli proprio da Nicola Eymerich (che insisteva sull’atmosfera di pressioni e minacce da parte del popolo romano), concludeva per la legittimità del papa avignonese. Il suo convincimento era talmente solido, da fargli qualificare di sedotti dal demonio e di eretici coloro che aderivano al papa romano.

Per la comprensione dei rapporti interreligiosi del tempo importante è il Tractatus novus et valde compendiosus contra perfidiam iudaeorum. Come si vede, se Vincenzo non giunge ad un linguaggio così violento come quello di Caterina a proposito dei Saraceni (cani infedeli), poco ci manca. D’altra parte sarebbe stato difficile essere tolleranti verso gli ebrei in una nazione che stava cercando la via dell’unità, mentre gli ebrei formavano solitamente un corpo estraneo.

Scrisse anche un Tractatus consolatorius in tentationibus circa fidem, e ci sono pervenuti un gran numero di sermoni, dei quali è difficile un’edizione critica essendo stati occasionalmente trascritti dai suoi ascoltatori. Ma l’opera più importante, che ebbe una straordinaria diffusione, è il Tractatus de vita spirutuali, edito come tutti gli altri scritti da H. D. Fages nel 1909[13].
  Da maestro di logica, Vincenzo premette che non intende fare citazioni dotte né dimostrare le sue affermazioni, perché non intende rivolgersi agli intellettuali, ma a persone che umilmente vogliono crescere nella perfezione spirituale. La prima parte[14] concerne i fondamenti della vita spirituale che Vincenzo identifica nella povertà volontaria, nell’amore del silenzio e nella purezza del cuore. Il parametro della povertà è di possedere solo ciò che è necessario. Di conseguenza anche per quanto riguarda i libri (che non sono una necessità) bisogna accontentarsi di quelli che la comunità ti presta. Anche riguardo al silenzio il parametro è di parlarte solo in caso di necessità, vale a dire solo quando è richiesto dall’amore del prossimo e dall’obbedienza. La purezza del cuore deve tendere a liberare il cuore non solo da pensieri carnali ma anche da tutte quelle preoccupazioni che impediscono a Dio di venire ad abitare in noi con la sua pace. Per raggiungere questo scopo è bene rinunciare alla propria volontà per fare quella degli altri, ove quest’ultima sia lecita ed onesta. Né bisogna contristarsi di malattie ed avversità, visto che Dio sa bene ciò che è utile alla nostra salvezza, ma l’unica cosa che deve poterci affliggere è il peccato. In tutto la guida maestra dev’essere l’umiltà, perché solo tramite questa virtù si dà il giusto valore alle cose e non si è distratti dalle vanità. Comprendendo allora ciò che veramente è importante per noi, si contemplano le cose di lassù e si entra in comunione con Dio.

La seconda parte tratta della vita spirituale da un punto di vista pratico, cominciando dal padre spirituale. Secondo Vincenzo chi si lascia guidare alla perfezione da un padre spirituale ha molte più possibilità di progredire che non colui che vuole camminare da solo. Il che sta anche a significare che una delle virtù fondamentali è l’obbedienza, che si manifesta nell’osservanza della Regola e delle Costituzioni, oltre che ovviamente nell’obbedienza ai superiori. Bisogna poi essere molto attenti a mortificare la gola, per la qual cosa Vincenzo offre numerosi consigli pratici, come ad esempio: Se un alimento è insipido per difetto di sale o per altra causa, non aggiungervi né sale né condimento, in memoria di Gesù cui furono dati da bere fiele e aceto. Resisti alla tua golosità. Pratici sono anche i consigli relativi alla mortificazione del sonno: Un servo di Dio deve fuggire ogni mollezza nel letto, senza però oltrepassare i limiti della discrezione. Abbi un pagliericcio, tanto più gradito quanto più sarà duro… Il tuo cuscino sia un sacco pieno di paglia. Lo studio non dev’essere fine a sé stesso: Durante lo studio fermati frequentemente. Per un istante raccogliti e medita sulle piaghe di Gesù. Poi riprendi lo studio. Di quando in quando inginocchiati e rivolgi al cielo una breve ed ardente preghiera. Analoghi consigli pratici Vincenzo dà sul contegno da tenere durante la preghiera[15] e specialmente la preghiera corale, per poi concludere con consigli relativi all’esercizio del ministero pastorale ed apostolico.

Nella terza ed ultima parte Vincenzo si sofferma sui motivi per tendere alla perfezione, elencandone ben 14 (il quattordicesimo è costituito dal timore per le pene dell’inferno). Quindi dopo aver riassunto i punti principali della prima parte, sintetizza in quindici “perfezioni” le condizioni per una ascesa per la scala della perfezione. Ciò che colpisce è la semplicità e la concretezza dei consigli in campi solitamente trattati con sottigliezza di linguaggio. Anche Vincenzo conclude con la famosa distinzione in vita purgativa, in Vita illuminativa ed in Vita unitiva. Anche i consigli hanno un crescendo, fino al grazie incessante e alla glorificazione continua di Dio, per poi concludere: Dopo aver fatto tutto ciò, confessare dal fondo del cuore: “Mio Dio e mio Signore, Cristo Gesù, io non sono nulla, non posso nulla, non valgo nulla, vi servo male e sono un servo inutile.