Vergine Madre, Figlia del Tuo Figlio

"Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio" (Par XXXIII)

Il 25 Marzo, data che gli studiosi individuano come inizio del viaggio ultraterreno della Divina Commedia, si celebra il Dantedì, la giornata dedicata a Dante Alighieri, recentemente istituita dal Governo.

La Divina Commedia è intessuta della presenza di Maria, "umile ed alta più che creatura" . Solo pochi letterati hanno raggiunto il grande calibro dantesco, nell'offrire alla Vergine Madre un canto poeticamente e teologicamente perfetto come quello riportato nella Divina Commedia. Maria è una costante nell'itinerario dantesco, che la celebra con profondità dogmatica, compendiando tutta la teologia mariana precedente. Il canto di Dante nasce da pienezza teologica, umana, culturale: il teologo, il credente e l’uomo si fondono nel poeta.

Viene contemplata dai superbi, mentre proferisce il suo «Ecce ancilla Dei» ( Purgatorio X, 34-45); gli invidiosi riascoltano la voce della sua attenzione e liberalità: «Vinum non habent» (Purgatorio XIII, 25-30); agli iracondi si manifesta dolce e discreta, al ritrovamento del Figlio al tempio: «Ecco, dolenti lo tuo padre ed io ti cercavamo!» (Purgatorio XV, 85-93); gli accidiosi, in movimento incessante, odono la parola evangelica: «Maria corse in fretta alla montagna» (Purgatorio XVIII, 97-100); gli avari la contemplano nel presepio: «povera fosti tanto, /quanto veder si può per quell’ospizio/ ove sponesti il tuo portato santo» (Purgatorio XX, 16-24); i golosi guardano alla sua sollecitudine nelle nozze di Cana (Purgatorio XXII, 139-144); i lussuriosi, in ultimo, compiono la loro purificazione guardando alla scelta verginale di Maria: «gridavano alto: Virum non cognosco» (Purgatorio XXV, 121-129).

E, infine, il Paradiso tripudia della gloria e della maestà di Maria, la «Donna del cielo» circondata dal canto festoso degli angeli e dei santi.
Lo stesso Dante confessa il suo quotidiano affidamento alla Vergine Maria:
"Il nome del bel fior ch’io sempre invoco
e mane e sera, tutto mi ristrinse
l’animo ad avvisar lo maggior foco..." 
(Par XXIII)

Ma l'elemento mariano più eccelso e sublime della letteratura dantesca è senza dubbio la preghiera di S. Bernardo a Maria, che, come ebbe a scrivere il noto studioso Matteucci, è «tesoro della nostra civiltà, voce della nostra fede: lodi trasfigurate in inno, attributi d’esaltazione divenuti un corale pacato e commosso. Ciascuna espressione sembra la più grande possibile appena pronunciata e un’altra più grande subito s’aggiunge. Un movimento ascensionale preme parole e immagini, concetti e forme, sì che par semplice e ingenuo levarsi a volo, ed è confluenza meditata di una tradizione di Padri, di dottori, di mistici, della Chiesa universale orante per bocca di Bernardo. Maria è sentita e amata in tutta la sua bellezza, contemplata e goduta in tutta la sua miracolosa rivelazione».

Maria, il sole di carità per i beati, la fontana di speranza per gli uomini, è tanto grande che chi vuole ottenere una grazia e non ricorre a lei, è come se tarpasse le ali al suo desiderio. 

La centralità di Maria in Dante ha, quindi, un ruolo quindi fondamentale, che va al di là del semplice sentimento devozionale. È Maria infatti, la Grazia preveniente, la cui “benignità non pur soccorre/ a chi domanda, ma molte fiate/ liberamente al dimandar precorre", è Lei la Donna che, grazie al suo Sì, ha permesso la realizzazione del piano di salvezza di Dio.

Ed è bello pensare che la data del 25 marzo, solennità dell'Annunciazione del Signore, venga associata anche al ricordo del sommo poeta, il quale, "si fece discepolo del principe della Scolastica, Tommaso d’Aquino [...], narrando la somma benignità e liberalità di Maria Vergine Madre, Regina del Cielo" (Benedetto XVI).

M.M.