San Francesco di Paola, il (fu) compatrono di Parabita

"Otranto, città infelice,
di quanti cadaveri vedo ricoperte le tue vie,
di quanto sangue cristiano ti vedo inondata".

Queste furono le parole che, nel 1480, S. Francesco da Paola al re Alfonso d'Aragona per avvertirlo di ciò che da lì a poco sarebbe accaduto ad Otranto.
Nonostante il tempestivo avviso, tuttavia, tale voce rimase tristemente inascoltata e i Martiri otrantini ne sono la testimonianza tangibile.
Per tale ragione, la Terra d'Otranto ha un debito di riconoscenza verso S. Francesco di Paola.

Francesco nacque nel 1416 a Paola, un piccolo villaggio nel cosentino. Scelse di condurre una vita eremitica e si ritirò in un territorio di proprietà della famiglia, dedicandosi alla contemplazione e alle mortificazioni corporali. Ben presto molti fedeli iniziarono ad avvicinarsi al suo eremo, affidandosi alla sua guida spirituale. Seguirono la fondazione di numerosi eremi e la nascita della congregazione eremitica paolana, detta anche Ordine dei Minimi. La sua approvazione fu agevolata dalla grande fama di taumaturgo, tant'è che Luigi XI, allora infermo, re chiese al papa Sisto IV di far arrivare l'eremita al suo capezzale. Nell'occasione, Francesco avviò una stagione di rapporti favorevoli tra il papato e la corte francese. Morì nei pressi di Tours il 2 aprile 1507.
Dopo quasi due secoli dalla canonizzazione, avvenuta nel 1519, venne proclamato Patrono del Regno delle Due Sicilie. La memoria liturgica venne fissata al 2 aprile.

Capitava spesso, però, che il 2 aprile cadesse nel periodo quaresimale, se non addirittura a ridosso o nel triduo Pasquale. Pertanto, un indulto della Santa Sede concesse lo spostamento dei festeggiamenti. A Otranto si festeggia in una domenica di maggio, a Paola il 4 maggio. A Parabita, invece, si pensò di fissare la festa per la seconda domenica dopo Pasqua, con un'importante fiera. Tuttavia, dopo la proclamazione della Beata Vergine Maria della Coltura, quale Patrona di Parabita, tale festa è stata soppressa e sostituita dalla memoria liturgia della Regina dell'Agricoltura. Man mano, la memoria di questo santo è andata perdendosi, fino a scomparire nel nostro tempo. 

Oggi ci rimangono varie tracce del culto a san Francesco di Paola. Nella chiesa matrice si conservano un ovale in cartapesta raffigurante il santo (nella cappella del Santissimo Sacramento), una tela ovale e una statua in pietra. Nella chiesa del Crocifisso (ex convento degli Alcantarini) si conserva una piccola statua in cartapesta del santo.

Ma nella memoria storica locale, si tramanda ancora una preghiera in dialetto,che, grazie al prezioso contributo di Anna Piccinno e Ortensio Seclì, possiamo oggi ripetere e tramandare alle generazioni future:

"San Frangiscu miu te Paola,
'na grande devozione
pe' le cinque candelette
ca 'ddumasti alla Passione.

Alle tredici te venardia,
a pane e acqua digiunasti
e le crazzie ca chiedisti a Cristu
falle a mie, san Frangiscu!

Santu Frangiscu te la Carità,
a pacienzia e l'umiltà
intra lu statu ca me viti
me cunzoli e me provvidi".

   San Francesco mio di Paola,
   una grande devozione

   per le cinque candelette
   che accendesti alla Passione.

   Alle tredici di Venerdì,
   hai digiunato a pane e acqua
   e le grazie che chiedesti a Cristo
   falle anche a me, san Francesco!

   San Francesco della Carità,
   la pazienza e l'umiltà
   nello stato in cui mi vedi
   mi consoli e provvedi.

M. M.