Dominicus800: itinerario di sguardi. Beata Giovanna d'Aza
Regno di Castiglia, A.D. 1170 circa.
A Caleruega nasce Domenico,
da Felice di Guzmán e Giovanna d’Aza.
La famiglia è composta da santi, nel vero senso della parola!
La madre Giovanna, invocata dalla Chiesa col titolo di "beata" fu anche madre di santi, ispiratrice
di santità. Nacque ad Aza nel 1140 circa, discendente della nobiltà
castigliana, andò in sposa a Felice di Guzman,
Governatore del borgo di Caleruega, e da questa unione nacquero tre
figli, che intraprenderanno la strada del sacerdozio. Il primo, Antonio,
dedicò l’intera sua vita al servizio dei malati in un ospedale. Il
secondo, il beato Mannes, è invece colui che avrebbe poi cooperato con
il fratello minore. Quest’ultimo, il grande patriarca San Domenico, venne a rallegrare l’animo
di Giovanna che, non più giovanissima, aveva fatto un pellegrinaggio
all’abbazia benedettina di Silos per invocare sulla tomba del fondatore,
San Domenico di Silos, protettore delle partorienti, la grazia di un
altro figlio che perpetuasse il nome della famiglia.
Ma il Signore
concede sempre infinitamente più di quanto gli venga chiesto e volle
perciò così darle attraverso Domenico una posterità assai più gloriosa
di quella sanguinea.
Nel dodicesimo canto del “Paradiso”, Dante si esprime così sulla famiglia di San Domenico:
Nel dodicesimo canto del “Paradiso”, Dante si esprime così sulla famiglia di San Domenico:
“Oh padre suo veramente Felice!
Oh
madre sua veramente Giovanna,
Se, interpretata, val come si dice!”.
Quest’ultima esclamazione allude all’etimologia ebraica del nome
Giovanni/a che significa “il Signore è la sua grazia”. La madre di
Domenico, secondo Dante, fu dunque veramente “Giovanna”, perché trovò
pienamente la propria grazia nel Signore che le fece dono di tale
figlio.
Proprio mentre Giovanna era in attesa di Domenico, sognò una
notte di portare nel grembo un cane, che poi fuggì da lei tenendo tra i
denti una torcia accesa. La madrina invece vide il futuro figlioccio con
una stella sulla fronte. All’insaputa delle due, il cane simboleggiava
la fedeltà e la torcia l’ardore della carità con la quale San Domenico
avrebbe incendiato il mondo, mentre la stella significava lo splendore
della verità con cui il nascituro avrebbe rischiarato le menti
offuscate dall’errore. Il cane, la torcia e la stella divennero così i
simboli di San Domenico.
Giovanna si dimostrò sempre quale angelo tutelare della sua casa: prima maestra dei figli, li educò alla santità e ad una vita virtuosa. Avviò Domenico alla formazione intellettuale ed alla perfezione spirituale, affidandolo ancora bambino ad un suo fratello arciprete. Nonostante ella avesse sperato di poter coccolare un nipotino, non si oppose al disegno della Provvidenza ed assecondò i precocissimi segni della vocazione del figlio. Dio non tardò a mostrarle gli splendidi frutti di quei semi da lei piantati nei loro cuori con tanto amore. Ma dopo i figli, ecco comparire i poveri al secondo posto nei confronti dei quali ebbe le più affettuose cure, a tal punto che a volte capitò di vedere miracolosamente moltiplicate le sue elemosine quando non erano sufficienti. Questi straordinari segni della Divina Provvidenza dimostrarono agli occhi di tutti l’altezza di perfezione e d’intimità con Dio a cui era giunta Giovanna. Tant'è che, dopo la sua morte, i malati, i poveri e gli afflitti presero a rivolgersi spontaneamente a lei invocandola come una santa ai piedi delle sue reliquie, conservate nella chiesa parrocchiale, ed ottenendo così grazie e protezione. Il pontefice Leone XII confermò il culto “ab Immemorabili” della Beata Giovanna d’Aza il 1° ottobre 1828.
Giovanna si dimostrò sempre quale angelo tutelare della sua casa: prima maestra dei figli, li educò alla santità e ad una vita virtuosa. Avviò Domenico alla formazione intellettuale ed alla perfezione spirituale, affidandolo ancora bambino ad un suo fratello arciprete. Nonostante ella avesse sperato di poter coccolare un nipotino, non si oppose al disegno della Provvidenza ed assecondò i precocissimi segni della vocazione del figlio. Dio non tardò a mostrarle gli splendidi frutti di quei semi da lei piantati nei loro cuori con tanto amore. Ma dopo i figli, ecco comparire i poveri al secondo posto nei confronti dei quali ebbe le più affettuose cure, a tal punto che a volte capitò di vedere miracolosamente moltiplicate le sue elemosine quando non erano sufficienti. Questi straordinari segni della Divina Provvidenza dimostrarono agli occhi di tutti l’altezza di perfezione e d’intimità con Dio a cui era giunta Giovanna. Tant'è che, dopo la sua morte, i malati, i poveri e gli afflitti presero a rivolgersi spontaneamente a lei invocandola come una santa ai piedi delle sue reliquie, conservate nella chiesa parrocchiale, ed ottenendo così grazie e protezione. Il pontefice Leone XII confermò il culto “ab Immemorabili” della Beata Giovanna d’Aza il 1° ottobre 1828.
Ritornando a San Domenico, dopo una prima educazione ricevuta da uno zio arciprete, sui 14 anni fu
inviato a Palencia dove frequentò corsi regolari di arti liberali e di
teologia, per un decennio. A contatto con le miserie causate dalle
continue guerre e dalle carestie, dimostrò una grande carità verso i
poveri, arrivando nel 1191 a vendere le proprie preziose pergamene per
sfamarli. Terminati gli studi, a 24 anni entrò fra i canonici regolari
della cattedrale di Osma e fu ordinato sacerdote. Le esperienze di vita
regolare, di liturgia corale e di contemplazione perfezionarono la sua
formazione.